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Un immobile con abusi edilizi può essere alienato o acquistato all’asta?

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L’art. 46 del d.P.R. n. 380/01 prevede che gli atti tra vivi che abbiano per oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento della comunione dei diritti reali relativi ad edifici o loro parti, costruiti dopo il 17 marzo del 1985, sono nulli e non possono essere stipulati se da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, il permesso di costruire o il permesso in sanatoria.

La medesima disposizione dispone, però, che tale nullità non si applica agli atti che derivano da procedure esecutive immobiliari, siano esse individuali o concorsuali.

Da ciò consegue, pertanto, che un immobile abusivo non può essere alienato, ma può essere oggetto di procedura esecutiva immobiliare.

Segnatamente, l’aggiudicatario — in presenza delle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria — dovrà presentare la relativa domanda di accertamento di conformità, entro 120 giorni dalla notifica del decreto di trasferimento emesso dal Giudice.

La condizione urbanistico edilizia sarà accertata dall’esperto nominato dal Tribunale, il quale dovrà tenerne conto ai fini della determinazione del prezzo.

Sul punto, appare opportuno rimarcare che gli immobili acquistati all’asta, viziati da abusi edilizi, non possono ritenersi sic et simpliciter sanati per effetto della sola conclusione della procedura esecutiva immobiliare.

Come ribadito in molteplici occasioni dal Consiglio di Stato — confronta, ex multis, la recente sentenza n. 1996 del 2 maggio 2017 — la vendita all’asta di un immobile nell’ambito di una procedura espropriativa non importa effetto sanante degli eventuali illeciti edilizi realizzati.

Secondo i Giudici amministrativi, a tale conclusione non si perverrebbe neanche « facendo applicazione del principio generale del cd. effetto purgativo derivante dalla natura di acquisto a titolo originario del bene ».

Nella ricostruzione motivazionale operata in sentenza, in definitiva, il Consiglio di Stato — pur ritenendo che nel nostro ordinamento giuridico non si rinviene alcun dato normativo positivo dal quale desumere che la vendita all’asta importerebbe effetto sanante degli abusi edilizi realizzati — è attento ad evidenziare che l’unico aspetto espressamente preso in considerazione dal Legislatore per l’ipotesi che il bene acquistato sia affetto da illeciti edilizi riguarda la scansione dei tempi per attivare la procedura di sanabilità delle opere.

Infatti, ai sensi dell’articolo 40, ultimo comma, della legge n. 47/1985 — come già anticipato — « nell’ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge ».

Ne deriva, in conclusione, che gli immobili sottoposti ad esecuzione possono essere sanati in un termine diverso dalle normali scadenze per le richieste di condono edilizio — tale termine decorre solo dalla emissione del decreto di trasferimento — ma non possono ritenersi sanati per effetto della sola conclusione della procedura esecutiva immobiliare.

Avv. Carmine Milo

 

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