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Depenalizzazione: le nuove frontiere sanzionatorie dopo la riforma del 2016

Carmine Milo No Comments

Nel gergo giuridico italiano, la depenalizzazione consiste nella trasformazione degli illeciti penali in illeciti amministrativi.

Agli occhi dell’opinione pubblica, i provvedimenti di depenalizzazione che investono alcune ipotesi di reato sono erroneamente associati ad un arretramento della giustizia o ad un allentamento della stretta sanzionatoria.

In verità, le ragioni che giustificano la “conversione” di alcune condotte penalmente sanzionate in illeciti amministrativi puniti in via pecuniaria rispondono alla necessità di alleggerire il carico di lavoro dei giudici penali, senza, tuttavia, rinunciare ad infliggere la giusta punizione a chi ha commesso un illecito non particolarmente grave.

Al nostro legislatore penale, però, non è apparso sufficiente dischiudere le porte della sanzione amministrativa ai reati minori.

Con il d.lgs n. 7 del 2016, infatti, si è spinto ben oltre, introducendo nel nostro ordinamento una particolare forma di depenalizzazione, che ha portato all’abolizione di alcuni reati, “declassatida illeciti penali a illeciti civili.

In particolare, il riferimento è agli “ex reati” di falsità in scrittura privata (art. 485 c.p.), falsità in fogli firmati in bianco (486 c.p.), ingiuria (art. 594 c.p.), sottrazione di cose comuni (art. 627 c.p.), appropriazione di cose smarrite, del tesoro e di altre cose avute per errore o per caso fortuito (art. 647 c.p.), danneggiamento c.d. “semplice” (art. 635, 1° comma, c.p.).

 Quali sono le conseguenze della depenalizzazione del 2016?

Il solo fatto che per questi illeciti non sia più previsto l’intervento del giudice penale non deve indurre a ritenere che colui che ingiuria, falsifica una scrittura privata, si appropria di cose comuni o danneggia l’automobile del vicino, resterà impunito.

Il legislatore, infatti, ha inteso punire gli autori di tali condotte attraverso un sistema sanzionatorio particolare, che, in Italia, non annovera precedenti e che colpisce, in modo esemplare, il patrimonio dell’individuo.

La riforma del 2016, oltre a prevedere una prima sanzione civile, consistente nella condanna al risarcimento del danno patito dalla vittima, disciplina una seconda sanzione pecuniaria, il cui importo deve essere versato nelle casse dello Stato.

L’ammontare della “pena pecuniaria” varia a seconda delle specifiche caratteristiche dell’illecito. Ad esempio, per l’ipotesi di ingiuria semplice, l’importo della sanzione può oscillare dai 100 agli 8.000 euro. Invece, nel caso in cui l’ingiuria “consista nell’attribuzione di un fatto determinato o venga commessa in presenza di più persone”, la sanzione può lievitare sensibilmente, raggiungendo addirittura l’importo massimo di 12.000 euro.

Pertanto, se si considera che per il “vecchio” reato di ingiuria la pena pecuniaria massima era di “soli” 516 euro — elevabile in alcuni casi a 1.032 euro — non si può reputare che il “nuovo” sistema, a fronte dell’abolizione dei suddetti reati, non abbia conseguito un buon compromesso sanzionatorio.

 Come procedere e a quale autorità rivolgersi nel caso di un reato depenalizzato?

La vittima di un fatto punito con sanzioni pecuniarie civili non dovrà più denunciare o querelare il colpevole alle forze di polizia o direttamente alla Procura della Repubblica.

Dal 2016, infatti, per ottenere il risarcimento dall’autore della condotta illecita, sarà necessario rivolgersi ad un avvocato e conferirgli mandato affinché intraprenda una causa di risarcimento del danno di natura extra contrattuale.

Il giudizio sarà, quindi, instaurato attraverso la notificazione, al convenuto, dell’atto di citazione dinanzi al Giudice di Pace, se la causa ha un valore non superiore a 5.000 euro, o dinanzi al Tribunale, se il valore della causa è superiore a 5.000 euro.

Per quanto attiene alla richiesta di risarcimento del danno, essa si prescrive in cinque anni — trattandosi di illecito extracontrattuale — e, di conseguenza, la causa dovrà avere inizio entro questo termine.

Il giudice comminerà la sanzione solo all’esito dell’accoglimento della domanda di risarcimento del danno proposta dalla persona offesa.

È opportuno segnalare, inoltre, che, in assenza di un formale atto di citazione in giudizio, l’autore del fatto resterà impunito, perché — si badi — il magistrato non potrà irrogare la sanzione d’ufficio.

L’Autorità giudiziaria, in considerazione delle condizioni economiche del condannato, potrà, invece, accordare una rateizzazione della sanzione pecuniaria civile in soluzioni mensili, per un numero massimo di otto rate. Nel caso in cui anche un solo rateo non venga corrisposto nel termine fissato dal giudice, il condannato dovrà versare l’intero ammontare in un’unica soluzione.

 Decesso e trasmissione dell’obbligo agli eredi.

Nel caso di morte dell’autore dell’illecito, l’obbligo di pagamento della sanzione pecuniaria civile non si trasmette agli eredi, ma si estingue.

E’ trasmissibile agli eredi, invece, l’obbligazione relativa al pagamento del risarcimento del danno, sempreché essi non abbiano formalmente rinunciato all’eredità.

 In definitiva …

I “vecchi” illeciti penali, oggi puniti con sanzioni civili, obbligano al risarcimento del danno verso il danneggiato e al pagamento della sanzione civile verso lo Stato.

È difficile immaginare i risvolti di tale riforma, a detta di alcuni “epocale”, ma sicuramente non si può negare che ad un alleggerimento del carico giudiziario in ambito penale corrisponderà un proporzionale appesantimento del lavoro dei tribunali civili, già oberati di lavoro e con tempistiche medie di definizione di processi che oscillano tra i cinque e i sette anni.

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