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WhatsApp: la riproduzione fotografica delle conversazioni è pienamente utilizzabile

Carmine Milo No Comments

Con la sentenza n. 1822/20, depositata il 17 gennaio, la VI Sezione penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalla difesa dell’imputato T.A. — reo di concorrere nell’illecita detenzione di cocaina e marijuana — sulla specifica eccezione relativa alla nullità e all’inutilizzabilità degli esiti delle comunicazioni telematiche registrate sulla memoria del suo telefono cellulare, acquisite a seguito dell’ispezione compiuta dalla Polizia giudiziaria mediante la riproduzione fotografica della schermata delle comunicazioni intercorse tra l’imputato ed un potenziale acquirente.

Nello specifico, la difesa dell’imputato evidenziava il concretizzarsi di un’ipotesi di inutilizzabilità c.d. patologica, in quanto concernente atti probatori acquisiti contra legem, mediante violenza sulle cose ed in violazione del diritto alla segretezza della corrispondenza di cui all’art. 15 della Costituzione, laddove gli agenti operanti avrebbero dovuto procedere con le modalità previste per il sequestro ai sensi dell’art. 354 c.p.p., comma 2.

Nel rigettare l’eccezione dedotta in appello, la Corte territoriale applicava la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui i dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono in uso all’imputato — sms, messaggi whatsApp, messaggi di posta elettronica “scaricati” e/o conservati nella memoria dell’apparecchio cellulare — hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p..

Nella ricostruzione operata in sentenza, i Giudici di legittimità hanno affermato, quindi, che « i messaggi WhatsApp, così come gli sms conservati nella memoria di un apparecchio cellulare, hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace alle regole stabilite per la corrispondenza, nè tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche, con l’ulteriore conseguenza che detti testi devono ritenersi legittimamente acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione ove ottenuti mediante riproduzione fotografica a cura degli inquirenti ».

Segnatamente, come correttamente postulato dalla Corte territoriale, non è applicabile la disciplina dettata dall’art. 254 c.p.p., in quanto il concetto di corrispondenza implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito, né tantomeno poteva ritenersi che si trattasse degli esiti di un’attività di intercettazione, « la quale postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, là invece, dove i dati presenti sulla memoria del telefono acquisiti ex post costituiscono mera documentazione di detti flussi ».

In applicazione di tale principio di diritto, ne deriva che i messaggi rinvenuti nella memoria del telefono cellulare dell’imputato risultano, pertanto, essere stati del tutto legittimamente acquisiti al processo ed utilizzati ai fini della decisione, giusta la loro natura documentale ex art. 234 c.p.p. e la conseguente acquisibilità con una qualunque modalità atta alla raccolta del dato, inclusa la riproduzione fotografica.

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