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Tag Archives: tutela dell’ambiente

Edilizia libera. Gazebo e pergolati senza permesso: facciamo il punto!

Carmine Milo No Comments

Dal novembre 2016 è in atto un’azione governativa di semplificazione, volta a riformare a livello nazionale i regimi amministrativi delle pratiche edilizie.

Il glossario unico per l’edilizia libera — allegato al Decreto legislativo n. 222 del 2016 e redatto proprio in quest’ottica — contiene l’elencazione degli interventi per i quali non sono richiesti i permessi a costruire, Cila o Scia e che, pertanto, possono essere eseguiti senza alcun titolo abitativo.

Il legislatore nazionale, dopo quindici mesi dal primordiale provvedimento, non ha, però, ancora provveduto, nonostante la delicatezza del settore, ad ultimare l’iter normativo.

Solo a seguito della Conferenza unificata Stato-Regioni del 22 febbraio 2018, intanto, è stata raggiunta l’intesa su una parte del glossario, proprio quella contenente l’elenco degli interventi di edilizia realizzabili senza dover richiedere autorizzazioni o presentare comunicazioni.

L’auspicio di cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione è che nei prossimi mesi si proceda al completamento del glossario unico, con la specifica previsione delle opere edilizie realizzabili mediante Cila, Scia, permesso di costruire e Scia in alternativa al permesso di costruire.

Lo stralcio di glossario appena approvato — che dovrà essere pubblicato in G.U. per entrare in vigore — riveste, indiscutibilmente, notevole importanza per il settore edilizio, dal momento che, specificando il regime giuridico dell’attività edilizia libera e prevedendo un elenco delle opere realizzabili, riduce in modo significativo il contenzioso e l’incertezza normativa.

Sono attività di edilizia libera la sostituzione di pavimentazioni esterne ed interne, il rifacimento di intonaci, la sostituzione di inferriate, parapetti e ringhiere, la riparazione e la sostituzione dei manti di copertura — nel rispetto delle caratteristiche tipologiche e materiche — il rinnovamento o la messa a norma degli impianti elettrici, di distribuzione del gas, igienico-sanitari, di illuminazione esterna.

Con il Decreto del 2016, il passaggio dal regime di comunicazione a quello di edilizia libera è avvenuto anche per i pannelli solari e fotovoltaici a servizio di edifici al di fuori dei centri storici, per gli arredi da giardino — barbecue in muratura, fontane, muretti, fioriere e panche — fino ad inglobare gazebo e pergolati, opere che devono essere contingenti e temporanee, di limitate dimensioni e non stabilmente infisse al suolo.

In attesa di nuovi sviluppi, si consiglia cautela … pur potendo essere eseguite senza alcun titolo abilitativo, le opere “libere” devono essere poste in essere nel rispetto delle prescrizioni locali e delle normative di settore!

La tutela penale dell’ambiente: i nuovi ecoreati!

Carmine Milo No Comments

La problematica dell’inquinamento ambientale è sempre stata fortemente avvertita e recepita nel nostro Paese, con un interesse crescente dal secondo dopoguerra ad oggi.

Solo alcune tragiche vicende — note come “caso Eternit” o “Terra dei fuochi” — hanno, però, accelerato il doveroso intervento dello Stato, finalizzato a prestare una più efficace, seria e specifica protezione al bene primario della salute.

Con la riforma introdotta dalla Legge n. 68 del 2015, finalizzata proprio al rafforzamento della tutela penale in materia ambientale — accolta, dopo lunga attesa, soprattutto dal mondo delle Associazioni ambientaliste, Legambiente e W.W.F., in primis — viene introdotto nel codice penale italiano un nuovo titolo dedicato ai “Delitti contro l’ambiente”, che disciplina un pacchetto di cinque nuovi reati: inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo e omessa bonifica.

Alcune riflessioni sugli eco-reati: un nuovo modello per la tutela penale.

L’intento perseguito con l’introduzione del nuovo pacchetto di reati è, innanzitutto, quello di colmare alcune lacune normative — che, purtroppo, colpiscono i cittadini come vittime predestinate — e di intervenire sull’inasprimento del sistema sanzionatorio, con conseguenti termini di prescrizione più ampi, in alcuni casi raddoppiati.

Prima di soffermarsi sulla disciplina sanzionatoria, per comprendere meglio la portata della novella legislativa, appare opportuno rivolgere l’attenzione ad alcune delle nuove fattispecie delittuali.

  • L’inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.)

Viene superato il precedente modello di reato — contravvenzionale — che puniva essenzialmente l’esercizio dell’attività inquinante senza autorizzazione o in superamento dei valori-soglia fissati dalla legge.

Con il nuovo delitto, invece, il legislatore punisce la condotta da cui deriva un danno all’ambiente, inteso, quest’ultimo, come “compromissione o deterioramento significativo e misurabile delle acque, dell’aria, di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo, oppure di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

L’inquinamento può consistere in qualsiasi condotta — come, ad esempio, l’immissione di sostanze chimiche, Ogm, materiali radioattivi — che provochi una modificazione in senso peggiorativo dell’equilibrio ambientale.

  • Il disastro ambientale (art. 452-quater c.p.)

Con questa previsione, si inserisce nel codice penale un’ipotesi di reato diversa e più grave del “semplice” inquinamento ambientale.

Il termine “disastro” inerisce a qualunque alterazione di un ecosistema, totalmente irreversibile oppure eliminabile solo attraverso interventi sofisticati e con costi ingenti.

Nella nozione di disastro ambientale, la legge sugli eco-reati fa rientrare anche la condotta da cui deriva un’offesa alla pubblica incolumità. In tal caso, infatti, risponde del delitto di disastro l’agente che pone in essere una condotta grave — per l’estensione del danno procurato all’ambiente o per l’alto numero di persone offese — da cui scaturisca offesa alla pubblica incolumità, pur non cagionando alterazioni irreversibili all’ecosistema.

  • Il traffico ed abbandono di materiale radioattivo (art. 452-sexies c.p.)

Con l’introduzione di questa fattispecie delittuosa, il legislatore risponde con fermezza ad un diffuso e sempre più allarmante fenomeno criminale, dando piena esecuzione alla “Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari” e alla Direttiva 2008/99/CE, che, nello specifico, richiedeva agli Stati membri l’adozione di misure volte a sanzionare comportamenti illeciti legati alla produzione e al trattamento in generale — compreso lo smaltimento — di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose.

Il delitto di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività si concretizza nel cedere, acquistare, ricevere, trasportare, importare, esportare, procurare ad altri, detenere, trasferire o abbandonare materiale ad alta radioattività oppure nel disfarsene illegittimamente.

Il rifiuto radioattivo è costituito — così come lo ha classificato anche l’International Atomic Energy Agency — da qualsiasi materiale che contiene livelli di radioattività in forma solida, liquida, o gassosa, superiori alle “quantità esenti” stabilite dalle Autorità competenti, per il quale non è previsto alcun ulteriore uso.

Si tratta di un reato che prevede una pena maggiore se dalla condotta — cessione, acquisto, ricezione o trasporto — deriva un pericolo di compromissione o deterioramento delle acque, dell’aria, del suolo o del sotto-suolo, della biodiversità, della flora o della fauna, nonché pericolo per la vita o per l’incolumità delle persone.

Trattamento sanzionatorio: pene più severe per prevenire l’inquinamento!

L’intervento legislativo del 2015, oltre al significativo aumento delle pene detentive — quella più elevata è di quindici anni di reclusione, prevista, come pena massima, per il delitto di disastro ambientale — contempla la pena accessoria della incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per i soggetti dichiarati colpevoli per ciascuno dei nuovi reati ambientali.

Il legislatore disciplina, inoltre, la confisca obbligatoria, anche per equivalente, “delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commetterlo, salvo che appartengano a persone estranee al reato” (art. 452 undecies c.p.). Ciò significa che sarà possibile espropriare anche beni diversi da quelli che costituiscono il prezzo o il profitto del reato, per un valore a essi corrispondente, nel caso in cui questi ultimi non vengano individuati. I beni confiscati saranno posti “nella disponibilità della pubblica amministrazione competente per la bonifica dei luoghi”. Tale misura, tuttavia, va esclusa nel caso in cui l’imputato abbia messo in sicurezza o, ove necessario, abbia effettuato la bonifica e il ripristino dello stato dei luoghi.

In conclusione …

La riforma del 2015 viene accolta con grande soddisfazione dal mondo istituzionale e dalle molteplici associazioni ambientaliste, non solo per l’oggettivo inasprimento della tutela penale in materia ambientale —patrimonio nazionale per eccellenza — ma anche per il forte colpo inferto ad un mercato criminale, rimasto per troppi anni del tutto impunito.

L’intervento legislativo risponde a diverse esigenze all’interno del nostro ordinamento, nonché ad esigenze comunitarie (segnatamente alla Direttiva 2008/99/CE sulla Tutela penale dell’ambiente).

Seppure il risultato complessivo della novella appare soddisfacente sotto molteplici punti di vista, non è di sicuro scevro da critiche o difetti.

È complesso per gli operatori del diritto confrontarsi con un testo normativo intriso di molteplici elementi discrezionali. Si pensi, a mero titolo esemplificativo, alla definizione di disastro ambientale come alterazione abusiva dell’ambiente, senza fornire alcuna esplicitazione o chiarimento di tale struttura lessicale.

L’opinione condivisa ritiene che solo il lavoro combinato di magistrati e di periti può farsi carico dell’onere di colmare le oggettive lacune e di intervenire per chiarire tutte le locuzioni non precisate dal legislatore, contribuendo ad individuare un saldo punto di riferimento giurisprudenziale.

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